Le fonti di energia rinnovabile giocheranno un ruolo sempre più importante ma è necessario che abbiano un “compagno” per compensare ogni necessità. Per questo “occorre favorire lo sviluppo di un modello energetico fondato sul gas e sulle rinnovabili che è il ponte ideale per un futuro a basso carbonio, investendo sull’attuazione completa del mercato unico europeo del gas, in grado di dare a ogni Stato un’offerta di gas sicura, concorrenziale e diversificata“. È questa la posizione espressa lunedì dall’a.d. Eni Claudio Descalzi all’audizione al Parlamento europeo sulla politica energetica europea.
Descalzi ha osservato come negli anni Duemila la Ue producesse oltre metà del gas di cui aveva bisogno. Ora la quota di produzione europea è scesa a meno del 30% e in pochi anni sarà ben al di sotto del 20% delle necessità. Inoltre l’urgenza di ridurre le emissioni di carbonio per fronteggiare il cambiamento climatico “rende ancora più importante la diversificazione energia, con un mix capace di sostenere la crescita economica facendo leva sui grandi investimenti fatti finora“. Il gas, secondo Descalzi, “può conciliare competitività, sicurezza energetica e sostenibilità ambientale perché è una risorsa abbondante, che si trova vicino all’Europa ed è connessa attraverso numerose rotte di offerta“.
Attualmente le infrastrutture Ue del gas sono in grado di importare il 60% in più dell’attuale domanda e ha una capacità di 465 miliardi di metri cubi di gas e 200 miliardi di Gnl. Complessivamente negli ultimi vent’anni sono stati investiti oltre 65 miliardi di euro in capacità di rigassificazione, pipelines e stoccaggio, aumentando la capacità di import di circa il 40% e di stoccaggio del 50%. E se si considerano gli investimenti per costruire oltre 150 impianti da 150 GW la spesa complessiva sale a 240 miliardi. Tra il 2000 e il 2009 la domanda di gas nella Ue è aumentata del 30% raggiungendo 520 mld di mc, nel 2015 sarà arrivata a 700 mld di mc. Dal 2009 però la domanda è crollata in pochi anni a 400 mld di mc all’anno e l’uso degli impianti a ciclo combinato è calato di circa il 45% raggiungendo l’attuale livello di meno del 30%. Ciò a causa della crisi economica e della crescente concorrenza dovuta alle rinnovabili e al carbone.
Inoltre lo scenario europeo è caratterizzato, ha ricordato Descalzi, dal fatto che l’Europa è il solo continente che dal 2008 ha fissato obiettivi climatici molto ardui, con i target di riduzione delle emissioni inquinanti adottando un meccanismo di riduzione dei prezzi e forti sussidi alle rinnovabili. Nel 2014 tali sussidi nella Ue hanno raggiunto circa 75 miliardi di euro, pari circa il 55% dei sussidi mondiali alle rinnovabili.
Il risultato è stato, secondo Descalzi, che “questa strategia saggia ma senza alcun controllo sul mix energetico, ha aumentato i costi dell’energia e condotto a contraddizioni“. Mentre le rinnovabili sono aumentate dell’8% negli ultimi cinque anni, è aumentato nel contempo l’uso del carbone, considerato “una via facile” per compensare gli alti costi per i sussidi alle rinnovabili. La quota del carbone nella generazione di energia nella Ue è del 25%, pari al 76% delle emissioni di CO2. Così si è annullata gran parte dei benefici delle rinnovabili. L’1% di aumento nell’uso del carbone neutralizza i benefici di circa il 10% di aumento dell’uso delle rinnovabili.
Secondo Descalzi oggi la Ue ha una capacità di importazione eccedente che può soddisfare largamente i bisogni futuri. Non solo: la Ue ha la possibilità di trarre il massimo vantaggio della scoperta di nuovi grandi giacimenti nel Mediterraneo orientale e nell’Est Africa e ci si aspetta che il Delta del Nilo e il bacino del Levante abbiano tuttora un grande potenziale. A ciò si aggiungono le risorse sostanziali già scoperte in Libia. Inoltre la sovracapacità di offerta del mercato del gas naturale liquefatto aggiungerà nuovi volumi al flusso verso l’Europa (anche dagli Usa) e ciò ridurrà i prezzi.
La conclusione dell’a.d. Eni è che “non possiamo sprecare gli sforzi e gli investimenti fatti nei decenni passati“. È quindi necessario favorire la produzione domestica di gas, che dal decennio Duemila si è dimezzata in alcuni Stati Ue, e rafforzare la connessione interna alla Ue. Oggi i flussi di gas vanno da Est a Ovest e da Nord a Sud. “Ciò vuol dire che ci sono forti limitazioni nel trasportare il gas dalla Spagna alla Francia, dall’Italia alla Germania, dalla Germania agli Stati dell’Est“, sostiene Descalzi. Ecco perché occorre sfruttare “l’enorme potenziale in termini di capacità di importazione dei due hub del sud italiano e spagnolo“. Infine va assicurata “l’armonizzazione delle regole per il trasporto e lo stoccaggio rafforzando il commercio transnazionale garantendo prezzi livellati nei diversi mercati“.
FONTE: Staffetta Quotidiana